Ci sono
amicizie che nascono per caso, non badano all’età o alle differenze di vita,
sono legami profondi tra persone che hanno le stesse affinità artistiche e che
si rispettano. E’ questo il caso di Lucio Fontana e Yves Klein. Il museo del
Novecento ha voluto indagare il loro rapporto attraverso una mostra intitolata
Yves Klein Lucio Fontana. Milano Parigi 1957-1962.
L’esposizione si snoda eccezionalmente per tutta la coda Museo. Si tratta di un racconto messo in
atto in modo sottile ed elegante, come lo erano anche i protagonisti. Un dialogo continuo, si vive anche una sorta di “attesa”, ma
un’attesa pur sempre piacevole. Un metodo di allestimento interessante che cerca
(riuscendoci) di unire il fenomeno block buster, attivatore di masse,con uno
studio approfondito e curato. Ed ecco quindi che i due capisaldi del lavoro
artistico di Fontana e Klein diventano i
temi predominanti di tutto il percorso: la luce e il blu klein. Questa scelta
curatoriale si fa evidente nella sala centrale del Museo del Novecento. La
stanza ospita il neon realizzato nel 1951 per la IX Triennale da Lucio Fontana,
all’epoca fu posto sullo scalone del Palazzo dell’Arte, e sotto il Pigment pur,
un’installazione di pigmento blu giotto realizzata da Klein nel 1957 per la
mostra personale presso la galleria Colette Allendy di Parigi.
Il dialogo
sviluppato ha un impatto fortissimo, se anche non si è dei conoscitori della
storia dell’arte, o non si frequentano assiduamente musei, si comprendono le vibrazioni che gli artisti volevano
suscitare, l’energia pulsante che solo la vera arte sa dare. Entrambi hanno sempre studiato il rapporto
con lo spazio e con il vuoto. Il neon è leggero e luminoso, interagisce con lo
spazio e come dice lo stesso autore
"Il Concetto spaziale che
illumina lo scalone d'onore alla IX Triennale di Milano non é un laccio, un
arabesco, ne uno spaghetto é in barba ai critici [...] l'inizio di un
espressione nuova".
Il neon si fa quindi manifesto dell’arte di Fontana.
Lo stesso accade per il Pigment Pur, è un quadro ma senza l’oppressione di
esserlo. Klien in questo caso si supera e rincorrendo il tema del vuoto lascia
che le particelle di colore si liberino dal peso di essere miscelate, stese e
fissate, c’è solo la purezza.
Ma come si sono conosciuti questi artisti? Bisogna premettere che Lucio Fontana era un sostenitore di tutta
l’arte delle nuove generazioni, era solito andare a visitare una mostra di un
nuovo gruppo e comperare sempre qualche opere. Lo stesso accadde con la prima
personale di Yves Klien tenutasi nel gennaio del 1957 alla Galleria Apolinnaire di Milano, dove
proposte i suoi lavori monocromi blu. Lucio diventerà uno dei suoi più importanti collezionisti.
D’allora il rapporto tra i due si fa sempre più
forte, a testimonianza di questo sono sono documentati i contatti di Klein con
galleristi e amici di Fontana come Guido Le Noci e Peppino Palazzoli e il
progetto mai realizzato di
un’“architecture de l’air” da presentare alla XII Triennale di Milano, nel 1960.
Inoltre Fontana nel 1961 esporrà le Nature nella galleria parigina di Iris
Clert. Anche dopo la prematura scomparsa di Klien, Fontana lo ricordò sempre
con tanto affetto.
Le ricerche
di questi artisti sono universi individuali ma paralleli, entrambi ricercavano
la leggerezza nello spazio, volevano sconfinare dalla cornice del quadro,
desideravano l’immateriale e l’intangibile. Capivano prima di molti altri i cambiamenti della loro epoca, guardavano allo spazio come ad una tela. Per
farlo utilizzavano nuovi materiali e divertenti giochi. Erano e sono stati
icone del novecento e probabilmente il loro lavoro non è stato ancora
totalmente compreso. La loro non era solo una presa di posizioni ma era la
visione di un nuovo mondo artistico.
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