I PEGGIORI STRAFALCIONI NELLA STORIA DELL'ARTE

Una settimana fa ho pubblicato un articolo su una mostra che inaugurerà a breve, di artisti contemporanei. Come anteprima d'immagine per i social ho scelto una delle opere che più mi aggradava, era una scultura. Il tema era decisamente dissacrante poiché raffigurava il cristo in croce, la croce era però composta da tanti iphone. E’ un lavoro che subito mi ha fatto pensare a quanto, e forse nemmeno noi lo ammettiamo, siano internet e i cellulari la conseguente perpetrazione del nostro denaro. Appunto un nuovo credo, una nuova religione. 


Voi non ci crederete ma l’articolo era stato letto solo da pochissime persone. L’artista, che stimo, era già stato pubblicato su Outartlet circa due anni fa e aveva ottenuto ottimi risultati con le visualizzazioni.
Così ho pensato di cambiare immagine dell’anteprima. Ho volutamente scelto un’opera forte, d’impatto, al limite dell’osceno e del volgare. Anche se il dipinto in questione e il messaggio che trasmette non lo sono per nulla.


Qualcuno si ricorda dell’opera L’origine del mondo di Gustave Courbet? Un quadro delizioso, raffigura, come già si evince dal titolo, l’organo genitale femminile. Si può osservare dal dipinto questo busto di donna (non si vede il volto) sdraiato con leggermente le gambe dischiuse e in primo piano, l’origine della vita, appunto.
Questo artista contemporaneo ha dipinto la stessa opera di Courbet, cambiando però il soggetto, invece di una donna, un trans. Ho subito trovato che il tema sociale affrontato era molto importante.  L’opera vuol affrontare il delicato tema del trans gender e lo fa con un’immediatezza imparagonabile, lo fa mettendo il visitatore faccia a faccia con il problema, lo fa obbligando a guardare qualcosa che la maggior parte della gente non vorrebbe vedere.
Lo sapevo che mettendo un’immagine del genere avrei scaturito molte polemiche, ma ero pronta, e lo sono ancora oggi, a rischiare e a prendermi le responsabilità delle mie azioni per l’arte.

Perché l’arte non è solo un bel paesaggio, un quadro con i putti d’appendere in salotto. L’arte non è sempre bella, o giusta. L’arte riflette il mondo in cui vive, a volte riesce ad anticiparlo, o a farci riflettere. Questa è la missione dell’arte, non è di certo decorativa.

Dopo il cambio dell’anteprima, nel giro di tre ore, il post è stato visto da 7.860 persone e nel giro della giornata da 11.899 persone. C’è differenza vero? La cosa divertente è che il contenuto scritto non è mai cambiato e la cosa ancora più divertente è che la maggior parte degli “esperti dell’arte” non ha capito.

Mi sarei aspettata di essere segnalata come contenuto pornografico, oppure altre segnalazioni ma in verità non ne ho ricevuta nessuna.
Tra l’altro nessuno dei lettori abituali o delle persone non facente parti dei critici, esperti, dotti ecc del mondo dell’arte si è sentita offesa.

Non si può dire lo stesso per l’altra parte. Pochi hanno capito e chi lo ha fatto, ha subito centrato il tema sociale correlato all’opera. Molti hanno apprezzato ma tanti hanno insultato: “ è volgare”, “che schifo”, “che oscena”, “questa non è arte”, “dove è finita la vera arte” e così via. E allora ho pensato due cose, la prima è che sicuramente il dipinto da fastidio perché, come detto prima, ci obbliga a fare i conti con temi con i quali non vorremmo farne. La seconda, è un pensiero che ho generato: “Possibile che solo io o pochi altri, come critici d’arte, abbiamo capito il senso? Non è proprio la funzione del nostro lavoro e delle nostre competenze, riuscire ad avere la mente più aperta? Possibile che la maggior parte ci abbia visto qualcosa di così orribile da non dover essere affrontata?

Con mia estrema gioia, mi rincuora, che non sia successo solo a me. Premetto che sto facendo esempi mastodontici ma che forse fanno riflettere e anche divertire.


1) Il 15 aprile 1874 Louis Leroy, critico d’arte famosissimo nella Francia dell’epoca, scrisse una recensione sulla rivista Le Charivari della prima mostra impressionista nello studio del fotografo Nadar. Dopo aver visto il dipinto di Monet Impression. Soleil levant, Leroy scrisse: La carta da parati allo stato embrionale è più rifinita di questa marina. Infatti, all’epoca, per definire la prima mano di pittura o la prima stesura di carta da parati, si usava il termine impression. Un’impressione insomma, non un quadro, non di certo arte. D’allora il movimento si chiamò Impressionismo. Direi che forse, con il senno di poi, un pochino, Louis si è sbagliato.


2) C’è chi però dovette combattere non con una critica feroce ma bensì direttamente con la politica. Di chi sto parlando? Della bravissima e competente Palma Bucarelli, all’epoca direttrice della Galleria d’arte moderna di Roma. Siamo nel 1959 quando la Bucarelli curò la celebre esposizione del Grande Sacco di Alberto Burri. Il senatore Umberto Terracini non approvò l’acquisto dell’opera e portò addirittura la questione in Parlamento dichiarando: Quale cifra è stata pagata dalla Galleria nazionale d’arte moderna per assicurarsi la proprietà della vecchia, sporca e sdrucita tela da imballaggio che sotto il titolo di Sacco Grande è stata messa in cornice da tale Alberto Burri e che figura attualmente nella sala dedicata ai nuovi acquisti di detta Galleria.
Palma Bucarelli però aveva ragione, chissà cosa penserebbe Terracini alla vista della personale su Burri in uno dei musei più prestigiosi.


3) Un altro movimento che prende il nome da una critica? Il Fauvismo. Nel 1905 il critico francese Louis Vauxcelles, per sottolineare, in senso dispregiativo, l'uso selvaggio del colore di alcuni pittori che esponevano in quell'anno al Salon dè Automne, a Parigi. Utilizzò il termine Fauve, dal francese, selvaggio appunto. Anche se selvaggi le opere di Matisse e degli altri esponenti valgono milioni ora.


4) Ancora in Francia, questa volta ad non essere compresa è stata l’opera d’arte di Manet, la celebre Colazione sull’erba. Fu infatti rifiutata dalla giuria del Salon di Parigi e anche la più chiacchierata al  Salon des Refusés. Era scandalosa perché la scena ritraeva due uomini e una donna che facevano colazione, il problema era che gli uomini erano vestiti ma la donna era completamente nuda. La critica era proprio sul fatto che l’unica ad essere nuda fosse la donna e che questa nudità non fosse giustificata da un rappresentazione di divinità. Era semplicemente una donna nuda. Una cosa incettabile per l’epoca. Manet fece scuola, da Cezanne a Picasso, molti artisti ripresero il tema. 


5) Questa volta la critica è tra due grandi artisti del Rinascimento Italiano: Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti. Si sa che non vi era simpatia tra i due, ma il massimo fu raggiunto quando Da Vinci definì Buonarroti come un orso rozzo e la scultura come un mero gesto meccanico.


Alla fine la critica migliore è sempre il tempo e l’arte stessa. 

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