INTERVISTA A FIDIA FALASCHETTI
Fidia Falaschetti è un artista che non ha bisogno di
presentazioni. Poliedrico, eccentrico, intelligente e dal carattere ironico è
uno degli artisti più interessanti del panorama italiano ma soprattutto
internazionale. Famoso per le sue icone pop di una nuova generazione 2.0 non ha
nulla da invidiare ad artisti come Banksy, Koons o Hirst.
Outartlet l'ha intervistato per voi.
1) Quando hai capito che volevi fare l’artista?
Con un nome di battesimo come il
mio, hai poche scelte! Cresciuto in una famiglia di artisti, per tutta
l'infanzia ho creduto fossi io il "Fidia" autore dei fregi del
Partenone, poi congedatomi dalla responsabilità di avere più di duemila anni,
mi sono messo all'opera osservando ciò che mi circondava. Varcata la soglia
dei 30, dopo un lungo percorso come visual designer in generis, ho capito che l’unico modo che avevo per filtrare al meglio l’assurda
società’ che stava esplodendo, era dedicare la mia vita all'arte
contemporanea: da allora cambio i filtri con
regolarità semestrale!
2) Com'è cambiato il tuo lavoro dopo il viaggio negli USA, mi è sembrato
di capire che si è trattato di una svolta?
L’impatto con gli Stati Uniti e’ sempre significativo. Facciamo parte di
una generazione nata e cresciuta con immaginario collettivo partorito
oltreoceano, dunque mettere piede negli States e’ una sorta di deja vù. E poi, l’America è il luogo delle contraddizioni e dei contrasti:
quotidianamente sono spettatore di vicende surreali ma decisamente
interessanti per la mia ricerca artistica. Dopotutto, ditemi un luogo al
mondo dove la follia della società (nel bene e nel male) si manifesta meglio
che negli Stati Uniti? Va detto senza dubbio che è un paese nel quale la
tanto ambita meritocrazia ha un valore concreto: se hai del talento e del
coraggio, ci sarà qualcuno che saprà sostenerlo; parimenti, devi lottare per
poter mantener viva la fiducia che ti viene affidata.
Mi tirerò addosso l’antipatia di molti, ma purtroppo in Italia non
sembriamo in grado di esaltare le capacità artistiche ed intellettuali delle
nuove generazioni, e per questo l’emigrazione culturale sta accelerando
vertiginosamente. Sono fiero del paese che mi ha dato i natali, e grato alle
opportunità che gli Stati Uniti mi stanno offrendo. Per sorte o per sfortuna,
per dar voce alla mia ricerca artistica, devo vestire i panni di ambasciatore
del bel paese, piuttosto che di entusiasta residente. Grazie al cielo, parlare inglese
pensando italiano è ancora un valore aggiunto nella realtà artistica
internazionale.
3) Quanto i
nuovi mezzi di comunicazione: social web (facebook, twitter, ecc) influenzano
il tuo lavoro?
Direi….drammaticamente. Oltre alle evidenti citazioni nel progetto Social
Security Cameras, ed anche nelle lavagne AN-ALFABETO, o l’arazzo I LIE, i social media mi danno la possibilità di misurare le necessità della
collettività, di leggere il mondo di oggi attraverso gli occhi della gente
comune (oserei dire che potrebbe essere lo stesso utilizzo che ne fanno le
multinazionali!...ops). Come evidente, la mia ricerca artistica si basa sulle
stonature sociali della contemporaneità, e i social network sono il perfetto
termometro di ciò che accade tra la gente! Le chiacchiere di paese non
esistono più’: l’abbattimento dei confini mediatici le ha trasformate in
illimitato pettegolezzo di massa, con il tragico risultato che oggi chi
padroneggia l’indicizzazione dei social diventa il nuovo profeta del
millennio attraverso un click e un Q.I. lievemente sopra gli 80. Fare
l’update quotidiano dei social mi aiuta a mantenere quel giusto equilibrio
basico di fastidio e motivazione, indispensabile per porre le basi dei miei
lavori.
4) Durante un'intervista a Andy Warhol un giornalista gli chiese perchè
era arte la Brillo Box e cosa significasse, Andy risposte
che una volta la gente faceva la fila per andare in chiesa, oggi la gente lo
fa per andare nei supermercati. L'arte è quello che la gente vuole. Questa
frase mi ha fatto pensare molto al tuo stile e ai tuoi lavori, forse oggi non
siamo più nel Pop, e nemmeno nel Op-pop. E' una nuova soglia, una nuova
corrente che supera anche Koons...per te qual'è attualmente la
"chiesa", quella a cui si riferiva Warhol?
Warhol la sapeva lunga. La differenza sta che prima si stava in fila per
andare al supermercato, oggi si e’ in fila davanti a tablet o smartphone, in
mezzo alla moltitudine e in totale solitudine, in attesa che arrivino i
nostri 5 minuti di gloria, fatti di qualche like in più’, un tag azzeccato, un hashtag che produce followers, o un tweet condiviso dalla massa. La nuova
chiesa e' ogni giorno sul palmo delle nostre mani, a banda larga... e a
muovere i fili, dall'altra parte, sono sempre le stesse persone che in seno
alla cosiddetta EVOLUZIONE…si sono fatti più’ furbi.
5) Quanto è
stato importante l'ambiente, la "scoperta" della street art nel tuo
lavoro?
Se per street art ti riferisci al mio periodo come writer, ti direi moltissimo. Se ti riferisci a grandi personaggi della Street
art con cui sono cresciuto come Dave Kinsey (oggi carissimo amico), Obey,
Space invadres and co., altrettanto, moltissimo. Per quel che riguarda me,
con ogni probabilità non sono mai stato ne tanto meno sono uno street
artist nel modo più’ convenzionale del termine. La mia arte nasce dalla
strada, e della stessa parla: se è questa l’accezione di cui si parla, che
street art sia!
6) Vendendo i
tuoi lavori, li ho definiti delle icone contemporanee, ti trovi d’accordo?
Sai che a me il termine icona, ha sempre fatto sempre venire in mente le
madonne, i cristi, i santi e tutti gli angeli del firmamento? Ora, se per
icone intendiamo nuovi esempi da seguire per la purificazione della nostra
essenza umana, penso che i miei buffi personaCCi possano far
emergere qualche motivazione utile per cominciare, positivamente, a venir
fuori dal baratro nel quale stiamo cadendo. Se non altro, questo mi propongo
di fare attraverso il mio lavoro.
7) Hai dei progetti futuri di cui vuoi parlarci?
Wow, non saprei dove cominciare. Diciamo che il Freaky mouse è cresciuto, e verrà presentato a dicembre a Miami durante Art Basel,
presso lo stand della Fabien Castanier Gallery ad Art Context, versione Marmo
di oltre un metro, e versione in resina cromata di oltre due metri. La
famiglia dei Freaky si e’ allargata con l’arrivo del Donald Fuck e ora anche della cara Meanie Mouse, ed altre new entry che
presenterò’ sempre a Miami anche con la Fifty 24 MX gallery ad Art
Scope.
Per il 2016 ci saranno 3 personali in arrivo tra Colombia, Los angeles e
Messico, e nuovissimi progetti che ovviamente non posso svelare così presto.
8) L'ultima
domanda, la faccio sempre a tutti a fine intervista: che cos'è l'arte?
E’ una forza indomabile che ti mette spalle al muro e non ti lascia
scelta. E’ un esigenza. Per me è la più straordinaria tragedia che potesse
mai accadermi!
Sito Web: http://www.fidiafalaschetti.com/
|
Commenti
Posta un commento